Edizione n.11 di mercoledì 27 marzo 2024

Prima pagina

Laveno Mombello, il lago Maggiore nell'incisione del '900

Al Midec dal 14 dicembre al 12 gennaio mostra delle opere di undici artisti

Paesaggi e architetture, composizioni, figure femminili e maternità. Ecco le tre sezioni della mostra di incisori del '900 “Sguardi sul lago Maggiore”, che sarà inaugurata sabato 14 dicembre (ore 11) a Palazzo Perabò a Cerro di Laveno Mombello.
Fino a domenica 12 gennaio 2014 si potranno ammirare acqueforti e acquetinte, unitamente a puntesecche e incisioni a bulino, di undici artisti che, per breve o lungo tempo, dimorarono a Laveno. Le opere, tutte originali, esprimono stile e visione dei luoghi di Luigi Arioli (1916-1998), Cornelio Bellorini (1928-2011), Mario Caprioli (1912-1968), Luciano Castiglioni (1923-2002), Marco Costantini (1915-2003), Pietro Costantini (1948-1968), Ambrogio Nicolini (1899-1990), Edmondo Passerella (1929-2005), Albino Reggiori (1933-2006), Luigi Russolo (1885-1947), Renato Venezian (1920-1994).
Il viaggio nel mondo dell'incisione del ‘900 è stato promosso dall’assessorato alla cultura di Laveno Mombello e curato dal conservatore del MIDeC (Museo Internazionale Design Ceramico) Maria Grazia Spirito. Nella sezione dedicata alla maternità sono presenti anche alcune incisioni con iconografia sacra che raffigurano la natività di Cristo.
ORARIO: martedì 10-12.30; da mercoledì a domenica 10-12.30 e 14.30-12.30; lunedì, Natale e Capodanno chiuso. Ultimo ingresso mezz'ora prima della chiusura. (Info: 0332/625551; segreteria@midec.org; www.midec.org). 

Casciago, 200 alunni adottano la "Ghiacciaia" della scuola

Alla storia delle "nevere" saranno dedicati studi e ricerche durante tutto l'anno scolastico

A Casciago (Varese), il 20 novembre, i 200 alunni delle scuole S. Agostino e Villa Valerio hanno adottato la “Ghiacciaia” che si trova nel loro edificio e scoperto una targa a memoria dell’impegno assunto. A rimuovere il drappo, per conto di tutti i giovani studenti, sono stati l’alunna più piccola della scuola elementare, Laura, e l’alunno più grande delle medie, Alexander. Erano presenti anche il sindaco di Casciago Beniamino Maroni e il dirigente scolastico Antonio Antonellis.
La cerimonia ha concluso due giorni - il 19 e il 20 - dedicati dall’intera scuola alle lezioni didattiche tenute da Lucina Caramella, presidente del comitato promotore Club Unesco di Biandronno nel Seprio, sul tema: “Non solo ghiaccio... natura, ambiente e architettura: le ghiacciaie”. La speciale adozione è stata promossa nell'ambito della Settimana Unesco di Educazione allo sviluppo sostenibile (18-24 novembre 2013), sostenuta dalla Commissione nazionale italiana per l’Unesco e dedicata, quest’anno, al tema “I paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività”.
Le “ghiacciaie” o “nevere” sono particolari manufatti assegnabili alle forme dell’architettura spontanea e destinate, prima dell’avvento dei moderni frigoriferi, alla conservazione annuale di ghiaccio e neve sia per conservare gli alimenti sia per scopi terapeutici. Nel territorio varesino se ne contano ancora in buon numero e il loro patrimonio di “cosa” e “come” si faceva una volta merita di essere salvaguardato e riutilizzato nel rispetto delle loro peculiarità.
Il tema delle ghiacciaie è stato proposto e curato dal Club Unesco di Biandronno nel Seprio e sarà sviluppato nel corso dell’anno scolastico sotto la guida dei 20 docenti. Alla sua realizzazione parteciperanno l’Archivio di Stato di Varese, il Club Foto Click di Carbonate e le associazioni dei genitori delle due scuole con il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus e del Centro di studi preistorici e archeologici di Varese.

Varese, in cinque anni persi 15mila posti di lavoro

Tra il 2007 e il 2012 la crisi ha penalizzato soprattutto industria, costruzioni e artigianato - Il 2013 iniziato con un nuovo peggioramento

Persi in cinque anni nel Varesotto quasi 15mila posti di lavoro. Le sofferenze di industria, costruzioni e artigianato sono state compensate solo parzialmente dai risultati dei servizi. I dati sono stati elaborati dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio sulla base del Sistema Monitoraggio Annuale Imprese Lavoro (SMAIL).
La crisi iniziata nel 2008 ha colpito duramente l’economia e l’occupazione varesine e, dopo il timido miglioramento nel 2010, il riaffacciarsi della recessione ha peggiorato il bilancio complessivo 2007-2012. In questo periodo, sul territorio provinciale, gli addetti sono passati da 280.757 a 265.979 con una perdita di quasi 15mila posti di lavoro (-5,3%).
Particolarmente negativo il saldo del settore industriale, passato da 111.629 a poco più di 97mila addetti (-13,1%). Le perdite più consistenti sono state registrate nei comparti maggiormente rappresentativi dell'economia locale, dal tessile, abbigliamento, cuoio-calzature (-25,3%) alle macchine e apparecchiature elettriche ed elettroniche (-15%), alla metallurgia e prodotti in metallo (-13,1%).
POSITIVI I SERVIZI
Male anche il bilancio delle costruzioni. Il settore è passato da 28.790 a 24.854 addetti (-13,7%), mentre è rimasto positivo il comparto delle public utilities (+2,7%).
Nel quinquennio il settore dei servizi ha creato oltre 3mila e 600 posti di lavoro (+2,7%), bilanciando però solo parzialmente il dato negativo dell’industria. Opportunità di lavoro si sono aperte nella sanità, assistenza sociale e istruzione private (+17,4%), nei servizi di ristorazione (+16,8%) e alloggio (+8,7%), nelle attività di consulenza e professionali (+12,1%).
Infine, il confronto tra fine dicembre 2012 e marzo 2013 (ultimo dato disponibile nella banca dati SMAIL della Camera di Commercio di Varese) indica un nuovo peggioramento, -2.500 addetti. Il valore, sebbene andrebbe depurato da effetti di stagionalità, lascia comunque presagire una situazione di crisi che non trova soluzione, generando ricadute sul fronte occupazionale ancora molto pesanti.
ARTIGIANATO IL PIÙ COLPITO
Le principali perdite di addetti si registrano nel comparto artigiano. Qui il -13,6% tra il 2007 e il 2012 è pari a 8.000 unità sulle 15.000 perdite in totale, dato ancor più preoccupante se si pensa che questo ambito rappresenta il 20% degli addetti totali. Nel quinquennio, inoltre, la diminuzione del numero delle imprese si concentra soprattutto nei primi loro due anni di vita (-22%), mentre aziende con una struttura più consolidata (oltre i 10 anni di attività) sono riuscite in questo lasso di tempo a mantenere i livelli occupazionali. 

Fusione comuni nel Luinese, parere favorevole di Provincia e Comunità montana

Nuovo passo in avanti lungo l’iter che porterà al referendum consultivo sulla fusione tra i comuni di Maccagno, Pino Lago Maggiore e Veddasca. La legge regionale del 2006 che regola le circoscrizioni comunali e provinciali - all’art. 8 - prevede che i progetti di legge per l’istituzioni di nuovi comuni siano trasmessi al consiglio provinciale territorialmente competente nonché, qualora si tratti di un comune montano, all’assemblea della comunità montana nel cui ambito territoriale gli stessi hanno sede, per la formulazione del rispettivo parere di merito.
Il Commissario straordinario di Villa Recalcati Dario Galli ha dato il via libera all’accorpamento con proprio provvedimento dello scorso 5 settembre, mentre la Comunità montana “Valli del Verbano” ne ha discusso durante l’assemblea del 30 settembre. Il parere favorevole è stato pressoché unanime, giunto con le sole astensioni di Tronzano e Casalzuigno. (Altre sull'argomento in Sezione Valli Monti Laghi).

Grotte della Valceresio, trent’anni di esplorazioni e studi

Scoperte dagli speleologi oltre 70 grotte e una quarantina di risorgenze
speleologia

Oltre un trentennio di ricerche, esplorazioni e studi condotti sulle principali aree carsiche della Valceresio, alle porte di Varese. La scoperta di oltre 70 grotte e una quarantina di risorgenze, patrimonio naturale di grande importanza per la conoscenza e gestione delle risorse idriche locali. Informazioni preziose ed esclusive raccolte dagli speleologi e donate alla collettività attraverso una pubblicazione di elevato spessore scientifico.
Sono, queste, le coordinate del volume scientifico “Le grotte e le sorgenti carsiche dei Monti Monarco, Rho, Minisfreddo e Useria (Valceresio–Va)-Meteorologia e idrologia ipogea Chimismo delle acque" recentemente realizzato da Gian Paolo Rivolta, Guglielmo Ronaghi ed Edoardo Raschellà con la collaborazione del Gruppo Speleologico Prealpino e il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto. L'opera è stata presentata il 28 settembre a Villa Recalcati a Varese e ha inaugurato la mostra "Speleologia: immagini dal mondo sotterraneo", aperta dal 29 settembre all'1 ottobre a cura di Provincia di Varese, Cersaiac (Centro Ricerche e Studi su Ambiente, Ipogei e Acque Carsiche), Gruppo speleologico prealpino, Gruppo Grotte Cai Carnago.

CATASTO DELLE GROTTE
Le grotte si formano prevalentemente sulle montagne calcaree, aree caratterizzate da roccia di colore grigiastro formatasi anticamente da fondali marini.
Un esempio di casa nostra è rappresentato dal monte Campo dei Fiori, dalla Valceresio e dalla Valganna, luoghi ove sono presenti alcune centinaia di cavità naturali scoperte dagli speleologi. La più profonda di esse si trova sul monte Campo dei Fiori. La grotta Schiaparelli, scoperta nella seconda metà degli anni ’80, è stata esplorata sino ad oltre 700 metri di profondità, superando pozzi, gallerie, sale, cunicoli e ambienti ostili e pericolosi che impegnano gli esperti per lunghe ore, a volte per giorni interi, durante le loro ispezioni sotterranee.
Grazie all’opera di questi specialisti del sottosuolo, si è potuto istituire il catasto delle grotte, importante ed esclusivo archivio dove sono riportate tutte le grotte scoperte, l’esatta ubicazione dell’ingresso, la loro lunghezza e profondità, nonché le caratteristiche idrologiche e meteorologiche della cavità.
Al coraggio e alla preparazione di questi ricercatori si deve l'esplorazione delle acque sotterranee e la conoscenza di forme di coleotteri e insetti che, in molti casi, vivono esclusivamente negli ambienti bui e umidi delle grotte, formazioni minerali spettacolari e rare, creazioni della natura che devono assolutamente essere preservate. 

Intervento - PD Lombardia: «Ulteriori tagli ferroviari dei collegamenti festivi? Un tavolo coinvolga tutte le regioni del Nord»

INTERVENTO - Indire un Tavolo, promosso dal governo, per discutere sul sistema ferroviario regionale che coinvolga tutte le regioni del Nord Italia. E’ la richiesta che i due consiglieri regionali lombardi del Pd, Jacopo Scandella e Gian Antonio Girelli, e Matteo Mauri, deputato e membro della Commissione Trasporti alla Camera, lanciano per fare il punto della situazione sui collegamenti ferroviari tra la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, la Liguria e l’ Emilia Romagna per «evitare che si verifichino episodi analoghi a quello che vede coinvolte le Regioni Lombardia e Veneto». 
«La riunione tecnica convocata a Verona ieri pomeriggio tra le delegazioni delle Regione Lombardia e Veneto e i gestori del servizio Trenord e Trenitalia non ha sortito gli effetti sperati ma al contrario, ad oggi, sui giornali si ventilano ulteriori tagli dei collegamenti festivi sulla linea Milano – Venezia e il treno festivo Lecco – Bergamo – Brescia – Venezia - spiegano in una nota i tre esponenti del Pd -. Sarebbe troppo facile attaccare la maggioranza sui risultati fallimentari della macroregione, noi vorremmo andare oltre lanciando una proposta che, soprattutto in ottica Expo, superari gli steccati politici. Bisogna lavorare in maniera coordinata e programmata per migliorare il sistema ferroviario del Nord Italia, riteniamo che adesso tocchi alla politica trovare la via d’uscita e andare oltre i campanilismi tra Regioni per giunta dello stesso colore politico. Su questi presupposti il Tavolo diventa uno strumento indispensabile per compensare la mancanza di risorse e pianificare tracce orarie più funzionali alle esigenze degli utenti che per studio, lavoro o svago si spostano da una regione all’altra. L’Expo parte anche da questo».
Gruppo consiliare PD Lombardia

Fusioni tra comuni, in Lombardia referendum day

In Lombardia, presumibilmente tra fine novembre e i primi di dicembre, saranno nella stessa giornata celebrate le consultazioni popolari sulle fusioni dei piccoli comuni. L'11 giugno il Consiglio regionale ha approvato, a larghissima maggioranza, una risoluzione proposta dalla Commissione sul riordino delle autonomie. La Regione non ha alcun potere di sollecitare e imporre le procedura di unione ma – questa è l’intenzione del documento- dovrà agevolare le scelte decise e volute dai territori, «sostenendo un processo che parta dal basso e non calato dall’alto».
Al momento, al referendum day potrebbero essere interessati 62 piccoli comuni (quelli sotto 5.000 abitanti e quelli di montagna con meno di 3.000) che hanno avanzato 20 progetti di fusione pari a 130 mila cittadini coinvolti.
Per l’assessore Massimo Garavaglia, «i Comuni che decideranno di fondersi dovranno dimostrare di avere anche un progetto condiviso e non solo difficoltà economiche. Obiettivo resta sempre quello di garantire la migliore offerta di servizi ai cittadini».
«E’ uno strumento di tutela soprattutto per i Comuni sotto i 3000 abitanti e che garantisce il massimo coinvolgimento delle popolazioni interessate» ha sottolineato Carolina Toia (LN). «La risoluzione», ha detto Giuseppe Villani (PD), «favorisce e facilita decisioni che nascono dal basso. Riunire in un unico giorno i referendum serve soprattutto a dare garanzie affinché i Comuni siano pronti entro la prossima tornata elettorale».
Via libera anche a un ordine del giorno del Movimento Cinque stelle che invita la giunta, tra le altre cose, a fissare linee guida per supportare i Comuni «che manifestino l’intenzione di fondersi». 

Guido Petter, giornalista adolescente nella X Brigata Partigiana “Rocco”

La rinascita etica e civile dell'Italia nelle cronache del 17enne combattente

Sono stati recentemente pubblicati sul sito www.giornaliallamacchia.isrn.it, a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea nel Novarese, nel Verbano-Cusio–Ossola, i giornali della stampa clandestina della Resistenza, nei territori in cui combatterono le formazioni partigiane sul versante piemontese.
Di particolare interesse i tre numeri di STAFFETTA AZZURRA, giornale della X Brigata “Rocco”, che operava sulle alture intorno al lago d’Orta, curato dal concittadino luinese Guido Petter. Si tratta di dattiloscritti con disegni eseguiti a mano e diversi per ogni copia.
Petter, futuro docente di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università di Padova, saggista e scrittore, come giornalista della brigata, ne curava la pubblicazione. Avrebbe raccontato lui stesso questa esaltante esperienza, quando girava con la sua macchina portatile, alla ricerca di una scatola di latta dove riporre i fogli e la carta a carbone, procuratagli finalmente da un ragazzo del luogo. E furono proprio i coetanei a salvarlo, quando, rintanato in una stalla al centro del paese, invaso da reparti tedeschi e fascisti, gli portavano di nascosto il cibo.

Realismo tattico
Giornali aperti al dibattito, rivolto soprattutto ai compagni di lotta. Nel numero del 12 marzo 1945, ad esempio, viene evidenziata la necessità di trasformare le bande partigiane in un regolare reparto dell’esercito di liberazione. «Le popolazioni lavoratrici di Torino, Milano, Genova, Venezia, Trieste attendono la libertà dalle nostre forze organizzate. […] La piccola banda autonoma non è sufficiente a questo grandioso compito, non basta da sola a sollevare le martoriate popolazioni italiane dal loro grande dolore, dalla tremenda loro umiliazione». Un realismo tattico finalizzato ad un unico ideale: “Libertà, piena libertà al popolo italiano”.

Cronache epiche
Non mancano cronache dal sapore epico, come la descrizione delle imprese del Barba, caduto in una missione operativa, «fondatore assieme con Rafles della Volante Azzurra nei primi mesi di lotta partigiana, l’uomo popolare per tutto il Biellese, che osava disarmare l’intera caserma con pistole di legno, che in un anno di guerra tutti avevano imparato ad amare, come si amano queste montagne amiche, come si ama questo cielo prealpino così freddo talvolta e pur così azzurro, così pieno di stelle nelle notti serene. I morti non vogliono vendetta, vogliono giustizia […] E continueremo pensando che la vita è bella solo se la si sa donare per un’umanità migliore, che la morte non è amara, quando si muore per la libertà della Patria».
Nel gioco crudele della guerra «uccidere è spesse volte un dovere, ma il vantarsi d’aver ucciso è sempre una miseria». E si cita Garibaldi che dopo una battaglia si mostrava sempre triste e qualche volta fu visto piangere per aver dovuto uccidere un nemico.

Pensiero unico e senso di responsabilità
Dichiaratamente di Guido Petter, che si firma con il nome di battaglia di Renzo, è l’articolo dal titolo «Significato del 25 Luglio». Vengono qui analizzate le forme di oppressione che hanno inquinato lo spirito dell’intera nazione.
La soppressione della libertà di parola, di stampa, di critica, infatti, secondo Petter, «ha facilitato il dilagare della disonestà, soprattutto negli elementi dirigenti, non più controllati dalla libera critica di qualsiasi cittadino, l’oppressione di ogni iniziativa individuale, con la conseguente paralisi delle migliori energie della vita nazionale; l’adozione di leggi e provvedimenti non discussi e per questo molto imperfetti e in certi casi dannosi […] infine ha permesso che la politica nazionale venisse diretta secondo mire espansionistiche e imperialistiche non sentite e non certamente volute dalla maggior parte del popolo italiano».
In questo contesto è venuto meno anche il senso di responsabilità. «Nel decalogo del milite fascista, il decimo comandamento è questo: Mussolini ha sempre ragione!» I giovani, pertanto, abituati al mito di un capo che pensava a tutto, hanno smarrito la coscienza di essere una forza viva in seno alla società.  «Bastava inneggiare al risorto impero romano per passare un esame, avere la tessera del partito nazionale fascista per esser ammesso ai posti direttivi». 
Era dunque questa la chiave che apriva qualunque porta. Il diciassettenne Petter non è però così ingenuo da pensare che la libertà possa consistere «nella possibilità che ognuno avrà di poter fare ciò che vuole, mirando solo a se stesso». Saremmo da capo, ammonisce, come prima, peggio di prima. Occorre pertanto transitare verso nuovi lidi dove ciascuno potrà esprimere il proprio pensiero e dirigere la propria azione «verso un miglioramento comune, cioè di tutti: ecco la vera Libertà».

Ricordi dei caduti
Toccanti sono i ricordi dei compagni caduti nella battaglia. «Nella chiesa del cimitero sono allineati i morti, sulle lunghe panche oscure; fuori, la sera di primavera traspare dal cielo luminoso in cui si drizzano snelli i mandorli in fiore. C’è gente che parla sommessa, che domanda e in tutti è il dolore muto e forte come un peso che fa male al cuore».
Il cronista solleva il lembo della coperta in cui ognuno è avvolto quasi per un ultimo saluto. C’è Matteotti con il maglione bianco tutto sporco di sangue, c’è Brighin, con la giacca così lunga per lui così piccolo che impigliandosi nei rami gli è costata la vita. E intorno ci sono le sorelle che piangono e lo accarezzano, lo chiamano dolcemente, come se potesse risvegliarsi. Poi ci sono Tom, Quirico, Vento, Nuvola, Generale, un ragazzo di sedici anni, che voleva diventare un grande poeta ed è morto con la sua illusione intatta.
«Generale che avrebbe fatto chissà che cosa per i suoi uomini che hanno imparato presto a volergli bene; ha i calzoni laceri e inzuppati di sangue, è stato colpito al ventre. Adesso la chiesa s’è fatta più buia; fuori, nella sera piena di profumi, si alza la luna piena, sopra le grandi montagne. E li riguardo tutti, distesi tra macchie di sangue rappreso, senza scarpe e mi sembrano addormentati nelle loro coperte. Come quando dormivamo insieme. Attendevano la primavera, le foglie, il ritorno; adesso noi li lasciamo così, a mezzo del cammino e proseguiamo nell’opera, perché non è giusto abbandonarla, quando i compagni per essa hanno dato la vita. A voi, compagni cari che non rivedremo più e che lasciamo qui in un paese forse non vostro, verranno col vento che porta lontano nella valle l’indistinto profumo dei fiori della montagna, le parole delle nostre canzoni, quelle che tante volte abbiamo cantato insieme: onore a chi cade in cammino, esempio a chi resta a lottare!»
Emilio Rossi 

Vele d'oggi e barche d'antan sul lago Maggiore

A Luino, sabato 15 e domenica 16 giugno, il lago Maggiore vedrà veleggiare sulle sue acque le imbarcazioni in gara per il Trofeo Nostromo, organizzato dall'Associazione Velica Alto Verbano. Alla competizione, che con i suoi 45 anni di vita è la più anziana delle regate-crociera verbanesi, e al circolo velico, che quest'anno compie 75 anni di attività, rende omaggio questa avvincente pagina storica sulla navigazione lacuale scritta da un inguaribile e appassionato studioso, che ama rimanere dietro la cortina di uno pseudonimo.

LA NOBILFLOTTA DEI BORROMEO

Al lettore che – bontà sua – dopo anni e anni di appuntamenti col “Nostromo” prova ancora voglia di legger queste note peregrine sulle barche di lago che gli ammannisco, trovando puntuale e amichevole ospitalità nel Bando di Regata e negli amici dell’Avav, spero possa far piacere lo scoprire la composizione della “flotta” dispiegata, intorno agli anni 1835-1845, dalla nobile casata dei Borromeo nelle sue darsene e porticcioli dell’Isola Bella e Madre.
Innanzitutto ecco, a “muover un poco le acque”, un quiz: premettendo che non si vince nulla, se non un piccolo progresso di conoscenza... et voilà, si indovini quanti scafi (tra barche di fatica, di diporto e di rappresentanza) i Borromeo Arese mantenevano alle Isole.
Imbarcazioni oggi e ieri
V’è da restare stupiti: se al giorno d’oggi tra motoscafi, pontoni e barche da carico in servizio attivo si arriva più o meno al numero di sette, in quegli anni dell’Ottocento sopra detti il numero addirittura raddoppiava, e tra le quattordici imbarcazioni ve ne erano di ben interessanti, a leggere le descrizioni fattene nell’Inventaro, e perizia delle diverse barche esistenti nell’Isola Bella, ed Isola Madre, eseguito dalli sottoscritti sig.ri periti, stati a ciò espressamente delegati dalli ecc.mi sig.ri conti Vitaliano, Renato e Federico fratelli Borromeo, e coll’intervento del regio notajo Michele Lamberti pure appositamente nominato da chi sopra, ed alla presenza delli sottoscritti testimonj.
Inventari dei Borromeo
Si tratta di un inventario la cui stesura fu assai probabilmente dettata dalle operazioni di valutazione dei beni che erano in amministrazione congiunta fra i tre fratelli Borromeo, all’indomani della scomparsa del conte Giberto V Borromeo Arese (+ maggio 1837) e in attesa di definire le parti (i cosiddetti “piedi ereditari”) spettanti a ciascuno dei tre eredi (cosa poi perfezionata con un complesso atto divisionale del 1844); la morte del conte Gibertone aveva imposto la necessità di stendere una fitta ed esaustiva serie di inventari di beni mobili e immobili, di cui la lista delle barche verbanesi è solo uno dei meno cospicui e più trascurabili quanto a pregio economico.
Periti, costruttori, notai
Eppure... a ben leggere l’inventario emergono dati curiosi e godibili. Insieme al perito Lodovico Fresca (che appose il segno di croce, perché illetterato) e ai testimoni Angelo Francesco Grisoni e Giovanni Menotti firmò (una tra le primissime citazioni che sia stato possibile rinvenire) Ferdinando Taroni «costrutore di barche perito» di origini comasche, il cui figlio Giorgio avrebbe poi aperto nel 1858 un cantiere a Carciano; appose poi la propria firma il notaio Michele Lamberti, che da altra fonte (Archivio di Stato di Verbania e scheda in MSV) sappiamo essere stato attivo tra 1836 e 1862 (dunque corroborando la supposta datazione del nostro documento agli anni 1837-1844).
Sfilata di barche
Ed ecco le barche: due peotte (o pivote), un brigantino, un cahicchio (= cacicco), una gondola, un battellino, un quatrasse (= il ben noto quatràss da pesca e trasporto leggero, costituito da un fondo piatto, due fiancate, e uno specchio di poppa: 4 assi di legno in tutto...), cinque barche di differenti colori (una celeste, una rossa, una verde, e due, di tinta non dichiarata, in uso all’amministratore e ai muratori del Palazzo isolano); infine, addirittura un canotto da caccia (detto esser in pessimo stato, e forse da identificare in una spingardina, usata per la caccia di palude con la bocca da fuoco, la spingarda appunto – un buon calibro variabile tra il 36 e il 60 – montata fissa sulla prua slanciata del canotto...).
Cannoniera del 1799
Vi era poi perfino una “canoniera”, benché tutta «da ripararsi». Viene da sospettare che essa fosse quella, affondata nel maggio 1799 dalle milizie franco-cisalpine nel lago di Angera, che poi era stata rapidamente recuperata completa di «polvere in quantità, tutta però bagnata, pale, canoni quatro [...] e varie carubine» consentendo alla comunità di allestire una valida autodifesa in quei tempi incerti. Forse era finita per entrare nella flotta borromea, in tempi e situazioni politiche dove una barca cannoniera, su un lago di confine, poteva far comodo al maggior feudatario del posto: il ’48 era vicino...
Cosa è rimasto, di quelle barche? Solo il ricordo che carte profumate da antichi inchiostri tramandano. Ed è con quel ricordo, e con la solita voglia di raccontar altre storie di lago e di barche nostre, che ai regatanti del Nostromo 2013 rinnovo volentieri il tradizionale augurio: vittoria, buon vento, buon vento!
[il Sinasso jr]
Nella Foto: Barche da pesca verbanesi in una incisione di metà Ottocento.

Dario e Franca, lui di Sangiano, lei di Parabiago

Franca Rame in una foto degli anni Settanta

Articolo pubblicato il 6 marzo 2002 su Il Corriere del Verbano

DARIO E FRANCA
LUI DI SANGIANO, LEI DI PARABIAGO

Hanno 150 anni in due. Instancabili e inesauribili, girano ancora sui palcoscenici di mezza Europa per raccontarci la loro versione della vera storia del mondo. Dario Fo e Franca Rame, lui di Sangiano e lei di Parabiago, possono sembrare due lombardi anomali, ma a ben vedere sono proprio figli di quell’alacrità passionale che da sempre informa lo spirito della generosa caparbietà lombarda, dagli eroi risorgimentali fino a Mani Pulite. 50 anni di teatro, di idee, una vita da ‘rompiballe’, insomma, sempre dalla parte scomoda di chi sta fuori dal coro. La tournée, partita da Modena a settembre, ora approda e termina a Milano. Al Teatro Strehler, dal 12 al 28 marzo, sono ormai quasi introvabili i biglietti. Tutto esaurito, come sempre. La gente affolla il botteghino, ma gli ultimi saranno i primi, perché troveranno posto sul palcoscenico, seduti accanto ai ‘mostri sacri’.

C’é chi non si preoccupa neppure del titolo dello spettacolo a cui assisterà (cinque i testi proposti dalla coppia sul palco del Teatro Strehler), l’importante è esserci, forse anche e soprattutto per emozionarsi con “quelli che...” del variopinto popolo della sinistra rappresentano ancora la parte più irriverente e genuina. A Dario e Franca nessuno dà del lei. Con loro ci si sente parte di una grande famiglia allargata. Ogni sera è una festa popolare, come ai tempi di Shakespeare, insieme per divertirsi e condividere l’antico rito del teatro, capace, attraverso il riso e il paradosso, di trasformare i fatti della quotidianità in metafore storiche e religiose universali. Per Dario e Franca ‘mettere in scena’ significa infatti farsi voce dell’indignazione popolare, costruire un grande specchio del mondo in tempo reale, per renderlo decifrabile a un pubblico il più vasto possibile. Ma non solo. Si contano ormai a migliaia gli spettacoli della ‘Strana Coppia’ i cui incassi sono stati devoluti per le cause sociali e civili più disparate.

Tra queste mi preme citare la campagna partita nel ‘98: un Nobel per i disabili, 4 miliardi di lire raccolti complessivamente e utilizzati per acquistare pulmini speciali Volkswagen (75 milioni di lire l’uno) destinati alle associazioni di volontariato che si occupano della cura e del trasporto dei disabili. «I volontari sono gli eroi del Terzo Millennio» ricorda Dario, testimoni della passione generosa di chi continua ad amare e ad aiutare il prossimo gratis. Ed è proprio la ricca e alacre Milano, “ex” capitale morale del ‘Bel Paese’, la città italiana in cui più è vivo e diffuso il volontariato, campo in cui Dario e Franca hanno speso molte energie. Anche per questo motivo il Premio Nobel per la letteratura ricevuto nel ‘97 da Dario appare ampiamente meritato, un premio per il lavoro svolto con costanza in 50 anni, ma anche una testimonianza alla lotta tenace in sostegno delle classi sociali meno protette.
Cinque gli spettacoli in cartellone al Teatro Strehler: Dario proporrà alternativamente Mistero Buffo, Fabulazzo Osceno e Lo Santo Jullare Francesco, Franca porterà in scena gli atti unici Grasso è bello e Una Giornata Qualunque e l’esilarante Sesso, grazie, tanto per gradire. Una vetrina esauriente per gustare i molteplici aspetti della Strana Coppia, dal grammelot surreale di Dario, pregno di allusioni satiriche a sfondo storico-religioso, fino alla tenerezza della quotidianità del mondo femminile di Franca, dei suoi ritratti fedeli e divertenti di donne, siano esse sole e abbandonate, sessualmente liberate o gioiosamente ciccione.
 

Attenti a quei due

Dario nasce a Sangiano, vicino a Laveno, il 24 marzo del 1926. Suo padre si chiamava Fo Felice, un nome incoraggiante (leggi Fo= faccio... Felice) tanto che la signorina Pina Rota, nativa della Lomellina se ne innamora e induce il fratello Nino (mio padre) a raggiungerla a Luino. Negli anni ‘40 Dario fa il pendolare verso Milano, dove più tardi inizia gli studi all’Accademia di Brera e poi alla facoltà di Architettura. Nel dopoguerra Dario si trasferisce a Milano, dove scoppia il suo amore per il teatro. Nel 1950 si presenta a Franco Parenti (allora Dario ha 24 anni), gli racconta a modo suo la storia di Caino e Abele, Parenti ride di gusto e lo accoglie nella sua compagnia. Con lui e Durano realizzerà la commedia Il Dito nell’occhio.
Franca nasce a Parabiago per caso, durante una recita della famiglia Rame, antica e celebre compagnia teatrale di giro, attiva dal 1600, che usa recitare ‘all’improvviso’, muovendosi con dimestichezza in un repertorio vastissimo della Commedia dell’Arte. A otto giorni ‘Franchina’ è già sul palcoscenico nelle vesti di una poppante, ovviamente. La sua vita è tutta, da subito, all’insegna del teatro e della passione politica. La madre Emilia le insegna a recitare, i fratelli Tommaso e Domenico la avvicinano alla fede socialista. Un imprinting molto significativo. Nel 1950 con la sorella Pia (che è oggi titolare della più prestigiosa sartoria teatrale italiana) lascia la compagnia e lavora con Tino Scotti, nello spettacolo Ghe pensi mi.

Nel ‘51 Dario conosce Franca (entrambi recitano nello spettacolo Sette giorni a Milano) e se ne innamora follemente. Franca lo mette alla prova e l’allampanato e simpatico ‘dentone’ la supera brillantemente, conquistando il cuore della fanciulla. Nel ‘54 si sposano nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Il 31 marzo del 1955 nasce Jacopo, a Roma, dove la coppia si trasferisce per dedicarsi momentaneamente al cinema, Franca come attrice, Dario come sceneggiatore e battutista. Nel ‘57, dopo l’insuccesso del film Lo svitato, Dario e Franca tornano a Milano e fondano la compagnia Fo-Rame. Nel ‘61 arriva la televisione e nel ‘62 Canzonissima. Censura e contestazioni portano la coppia ad abbandonare la produzione in diretta. Dalla Rai resteranno fuori per 16 anni.

Dal ‘63 la produzione teatrale prende una svolta più dichiaratamente politica: Settimo, ruba un po’ meno, La Signora è da buttare . E poi via via fino a Mistero Buffo. E’ il momento della cooperazione culturale. Nel ‘68 nasce Nuova Scena, nel ‘73 il Collettivo la Comune, che occupa e ristruttura la fatiscente Palazzina Liberty, punto di riferimento politico e culturale della Milano degli anni 70. Nel ‘78 Dario è il regista de l’Histoire du Soldat di Stravinsky, realizzato per il bicentenario del Teatro alla Scala. Tra i mimi in scena anche Paolo Rossi e Marco Columbro. Seguono altri spettacoli corali che affrontano temi di cronaca (come Pum! Pum! Chi é? La polizia o Guerra di popolo in Cile) alternati a testi e monologhi in grammelot come La storia della Tigre e Fabulazzo Osceno. Franca porterà in scena con successoTutta casa, letto e chiesa e Coppia aperta.

Da allora la Strana Coppia ha realizzato numerossissimi spettacoli, in Italia e all’estero, i testi dei quali sono pubblicati da Einaudi e/o disponibili in videocassetta e audiocassetta. Tutto il materiale relativo al lavoro svolto da Dario e Franca è visionabile sul sito internet www.francarame.it.
Davide Rota 

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