Edizione n.35 di mercoledì 9 ottobre 2024

Storia e storie

Valganna, in cammino sulla Via Francisca del Lucomagno

Sabato 30 aprile la camminata partirà dal Maglio di Ghirla e si concluderà alla Badia con la presentazione del progetto
lago Costanza, verso Friedrichshafen, statua di Imperia, gjr

A Valganna (Varese), sabato 30 aprile, le associazioni Amici della Badia di Ganna e l’Association internationale Via Francigena organizzano una camminata (gratuita) lungo un tratto della Via Francisca del Lucomagno “Costanza-Coira-Lucomagno-Agno-Varese-Pavia”. La partenza è fissata al Maglio di Ghirla (ore 9.45) con arrivo alla Badia di San Gemolo di Ganna, una delle tappe fondamentali del percorso, dove sarà presentato (ore 11.30) il progetto della “Via Francisca del Lucomagno-Dagli antichi cammini nuove opportunità per i territori”.
Il rilancio della Via Francisca è sostenuto da Regione Lombardia e Provincia di Varese in collaborazione con Comunità Montana del Piambello, Parco Regionale Campo dei Fiori e i comuni di Cadegliano Viconago, Cugliate Fabiasco, Cunardo, Marchirolo, Lavena Ponte Tresa e Valganna.
Per partecipare all'escursione e/o al convegno, è consigliata l’iscrizione entro giovedì 28 aprile (ore 18) mediante mail all’indirizzo comunicazione@provincia.va.it. (Info: www.provincia.va.it; tel. 0332/252.415). In caso di maltempo, la camminata sarà annullata, ma sarà confermata la conferenza alla Badia.

PROGETTO E RELATORI
La conferenza nella Badia di San Gemolo sarà introdotta dal presidente della Provincia di Varese, Gunnar Vincenzi, e condotta da Marco Giovannelli. Interverranno:
*Mauro Visconti (UTR Insubria), ”La proposta de La Via Francisca del Lucomagno nel panorama regionale”;
*Ferruccio Maruca (UTR Insubria) e Donatella Ballerini (Provincia di Varese), ”Presentazione del progetto”;
*Timo Cadlolo (TicinoTurismo): “≠hike Ticino-Una nuova strategia per la valorizzazione degli itinerari escursionistici del Cantone”;
*Adelaide Trezzini (Ass. Internationale Via Francigena), “La rinascita del pellegrinaggio romeo”;
*Luigi Pilastro (Ass. Amici Badia di Ganna), “Note storiche: il ruolo della badia di Ganna sul percorso”;
*Carlo Cattaneo (Collegiata di Agno), ”La Pieve di Agno”.

LE ANTICHE VIE ROMEE DA CANTERBURY (‘FRANCIGENA’) E DA COSTANZA (‘FRANCISCA’)
La genesi della Via Francisca del Lucomagno è stata illustrata, mercoledì 20 aprile, a Lavena-Ponte Tresa da Adelaide Trezzini, presidente dell’Association Internationale Via Francigena (AIVF). Occasione, la presentazione della conferenza sul progetto “Via Francisca del Lucomagno”, in programma il 30 aprile a Ganna.
L’AIVF - ha spiegato Adelaide Trezzini – è un’associazione privata nata nel 1997 a Martigny (Svizzera) che ha fatto rivivere in Svizzera, Francia e Inghilterra la Via Francigena, un percorso da Roma a Canterbury compiuto nel 990 dall’arcivescovo Sigerico, autore del più antico diario di viaggio di un pellegrino anglosassone.«Da 15 anni l’associazione si impegna, da pioniera, ad individuare e fare rinascere le storiche Vie Francigene (varianti rispetto al percorso ufficiale del 2008-2009 del MiBAC), come quella di Abbadia S.Salvatore (Siena), quella romana di Ivrea-Santhià sud del lago di Viverone, quella romana-medievale da Sarzana a Pietrasanta in Italia, ma anche in Svizzera e Francia».

390 CHILOMETRI DA COSTANZA A PONTE TRESA
Il successo della Via Francigena di Sigerico con migliaia di pellegrini - ha ricordato Trezzini - ha solo negli ultimi anni suscitato l’attenzione dell’AIVF sull’assenza di itinerari che collegassero il mondo germanico direttamente a Pavia, antica capitale longobarda. «Partendo da Costanza, meta di numerosi concili, la via tocca San Gallo (monastero fondato da san Colombano, morto a Bobbio nel 615) e Disentis (monastero benedettino dall’VIII sec.), istituzioni fondamentali per la storia e la creazione dell’Europa di oggi».
Nel lontano passato lo storico asse internazionale Germania-Roma ebbe per imperatori, papi, mercanti, soldatesche e pellegrini un interesse dimostrato dai numeri e valido, a giudizio di Trezzini, anche per i singoli pellegrini di oggi. «Tutto l’itinerario Costanza–Ponte Tresa di 390 chilometri, più il tratto italiano di circa 120 chilometri, rappresentano 510 km fino a Pavia, cui si aggiungono i 690 km sino a Roma, arrivando a un totale di 1.200 km dal lago di Costanza». 

Domenica 15, Lettere dalla Resistenza per ricordare la Battaglia del S. Martino

locandina

Domenica dedicata alla Resistenza e al suo significato a Cassano Valcuvia. Il 15 novembre si ricorderà infatti il 72° anniversario della Battaglia del San Martino che quest’anno si celebra proprio nel giorno in cui la battaglia si svolse.
La manifestazione, che vedrà cerimoniere Guido Calori, inizierà alle 9 con il ritrovo dei partecipanti al palazzo comunale di via IV Novembre, dopo mezz'ora Alzabandiera e alle 10 messa nella parrocchiale SS. Ippolito e Cassiano. Celebrerà padre Paolo Pigozzo, dei Padri Carmelitani Scalzi, priore dell’Eremo del Carmelo di Cassano Valcuvia. Il programma proseguirà alle 11 con la celebrazione civile cui interverranno sindaci e autorità terrioriali. Nella commemorazione sono stati coinvolti anche i ragazzi dell’Istituto comprensivo Luini che hanno lavorato sulla Seconda Guerra Mondiale. A loro sarà affidata la lettura, alle 11.30, di alcune lettere scritte da partigiani o semplici cittadini condannati a morte. Accompagnerà al violino Niccolò Minonzio, del Liceo musicale Manzoni di Varese. A cura del Teatro Periferico di Cassano Valcuvia inoltre “Lettura di lettere dei condannati a morte della Resistenza”. La commemorazione sarà a cura di Giorgio Roncari, studioso di storia locale.
Alla giornata parteciperà la Filarmonica Cuviese. In caso di maltempo la cerimonia si sposterà all’interno del teatro comunale. Info: 0332 252463
Nella foto della locandina, ufficiali del Genio sul San Martino (Biblioteca Civica del Comune di Mezzago-Mi, Archivio Luigi Brasca) . 

Cittiglio, emerse dalla necropoli interessanti sepolture

L’Università dell'Insubria ha presentato i primi ritrovamenti scoperti durante gli scavi archeologici dal 2006 al 2009
Cittiglio, chiesa di San Biagio, scavi del 2016, foto Università degli Studi dell'Insubria

A Cittiglio, nel Varesotto, giovedì 7 luglio si è svolto nella chiesa di San Biagio il sopralluogo organizzato dall’Università dell’Insubria, dal Gruppo amici di San Biagio e dalla Parrocchia San Giulio Prete. Giuseppe Armocida, docente di Storia della medicina, e Marta Licata, tecnico del dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita, hanno illustrato i primi ritrovamenti già effettuati e il progetto di ricerca sui resti umani che provengono dalle sepolture, sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e guidato dalla parrocchia di S. Giulio Prete di Cittiglio.
Al sopralluogo hanno preso parte anche il rettore Alberto Coen Porisini, il direttore del dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita Giovanni Bernardini, l’archeologo Roberto Mella Pariani, l’ingegnere Antonio Cellina per il Gruppo amici di San Biagio e il parroco della parrocchia San Giulio Prete don Daniele Maola.

RESTAURO E SCAVI
C’è una vera e propria necropoli a Cittiglio. Università degli Studi dell’Insubria e Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia sono al lavoro per scoprire che cosa si cela nel suolo dentro e fuori la Chiesa di S. Biagio. Dal maggio 2016, infatti, è iniziata l’indagine dell’area cimiteriale esterna dell’abside medievale della piccola chiesa romanica situata su un’altura che domina il paese di Cittiglio e il paesaggio circostante.
In questa antica chiesa sono in corso da circa 25 anni importanti lavori di restauro voluti dalla parrocchia di Cittiglio e dai volontari del Gruppo Amici di San Biagio, che con diverse iniziative hanno raccolto i fondi per finanziare i lavori fino ad oggi svolti.
Tra questi lavori vanno ricordati gli scavi archeologici effettuati dal 2006 al 2009 all’interno della chiesa e che hanno portato alla luce importanti tracce strutturali di età medievale e, tra esse, circa venti sepolture, indagate dall’archeologo Roberto Mella Pariani di Golasecca (allora della Società Lombarda Archeologia SLA di Milano).
Lo scavo del 2016 è la continuazione dell’indagine archeologica allora compiuta ed anche questa è eseguita da Roberto Mella Pariani oggi della ditta Archeo-Studi di Bergamo. Entrambi gli scavi sono effettuati sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e coordinati oggi dal funzionario Francesco Muscolino.

DUE MORTI VIOLENTE E SCHELETRI DI INFANTI
L’ateneo varesino è già intervenuto per studiare i resti scheletrici umani che provengono dalle sepolture rinvenute all’interno della chiesa, ma è interessato a proseguire gli studi anche su eventuali altre sepolture presenti sotto il sagrato. Per questo Giuseppe Armocida, Giovanni Bernardini e Marta Licata – in collaborazione con il Gruppo Amici di San Biagio – hanno presentato un progetto sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e in particolare dall’avvocato Andrea Mascetti. Capofila del progetto è la parrocchia di S. Giulio Prete di Cittiglio, affidata al parroco don Daniele Maola.
«Durante il primo studio antropologico fatto – relativo ai resti umani rinvenuti durante la campagna 2006-2009 – sono state documentate due morti violente: in un caso il cadavere era “decapitato” e nell’altro presentava una punta di lancia nel costato e, inoltre, una elevata presenza di scheletri di infanti. Per questo – ha spiegato Marta Licata – abbiamo ripreso lo studio antropologico progettando un altro scavo per indagare un’altra zona cimiteriale presente all’esterno della chiesa. In particolare vorremmo chiarire la presenza o meno di altre morti violente e cercare di capire perché tutti questi bambini sono stati sepolti nella chiesa e se altrettanti sono sepolti fuori. Vorremmo riportare alla luce tutto lo spazio cimiteriale e le tombe in esso custodite, per rispondere a queste domande».

DAL IX AL XVII SECOLO
La Chiesa è stata fondata intorno al IX secolo e, presumibilmente, dalla sua fondazione e fino al 1700 è stata luogo di sepolture sia dentro sia fuori.
«L’indagine odierna riguarda le sepolture poste immediatamente fuori la chiesa: lo scavo, infatti - riprendendo l’indagine di alcune inumazioni esterne già personalmente indagate nel 2009 – ha continuato Licata - ha portato alla luce all’esterno un’area quadrangolare nelle immediate adiacenze dell’emiciclo della Chiesa. Al di sotto di uno strato superficiale di spianamento dell’antico cimitero avvenuto presumibilmente nel XVII secolo e all’interno del quale sono stati recuperati numerosi reperti in giacitura secondaria (ossa umane frammentarie; monete e diversi manufatti metallici – chiavi di età rinascimentale in ferro, lame di coltello, un coltello intero con manico in osso, una fibbia di cintura in ferro, monete, chiodi delle casse di sepoltura e un anello bronzeo) sono emerse alcune sepolture di età rinascimentale in giacitura primaria: si cominciano già a vedere aree di cimitero documentabile. Si tratta di tre inumazioni di individui adulti in cassa di legno e due inumazioni di infanti (un feto e un bambino dell’età apparente di 1-2 anni) uno dei quali deposto in una singolare struttura a doppio coppo (comuni tegole). Sotto quelle inumazioni – che sono di epoca rinascimentale – si scorgono preesistenti sepolture a loculo litico di epoca precedente che saranno oggetto di studio con il prosieguo dell’indagine» ha aggiunto Marta Licata. 
----
Nelle foto: Licata, Cellina, Mella Pariani e Armocida (da sinistra) e alcuni dei resti umani ritrovati nell’ultimo scavo del 2016.

Nel 500° dei fatti di Marignano, docu-fiction della tv svizzera sulla battaglia persa dai Confederati a sud di Milano

Progetto svizzero italiano e produzione SRG SSR - Programmazione in settembre
ripresa tv

Al Castello Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano (Lodi) si sono svolte nei primi giorni di marzo le riprese di una nuova docu-fiction televisiva. Occasione, il 500° della battaglia di Marignano.
Il lavoro è frutto di un progetto svizzero italiano di cui è autore e regista Ruben Rossello e è stato scelto nell’ambito di una produzione nazionale SRG SSR. Il programma, che vede nel cast Massimo Foschi (Gian Giacomo Trivulzio), Teco Celio (Rebucco), Susanna Marcomeni (la moglie di Trivulzio) e Aaron Hirz (Zwingli), verrà diffuso nel prossimo settembre da RSI, SRF e RTS.

La Battaglia di Marignano, persa dai Confederati nelle campagne a sud di Milano contro l’esercito di Francesco I re di Francia, costituisce un evento cruciale della storia svizzera e segna la fine dell’espansione a sud della Confederazione. Dopo essere stati padroni della Lombardia e di Milano nei tre anni precedenti, gli svizzeri si ritirarono verso nord. Il re di Francia concesse però alla Confederazione di mantenere il possesso di Locarno,
Lugano e Chiasso, da poco strappate al Ducato di Milano.
In Svizzera la Battaglia di Marignano è entrata nell’immaginario collettivo attraverso il grande affresco di Ferdinand Hodler La ritirata di Marignano. Il film della RSI proporrà invece la voce del vincitore di Marignano, il condottiere milanese Gian Giacomo Trivulzio, comandante dell’esercito francese, peraltro ben noto agli svizzeri, visto che era conte di Mesocco e signore della Mesolcina.
Tutta la materia è molto accattivante e l'approccio è stato reso possibile dal lavoro dello storico Marino Viganò che, nel 2013, ha pubblicato i diari di due testimoni – Giovan Antonio Rebucco e Giovan Giorgio Albriono - che accompagnarono Trivulzio durante i lunghi preparativi e nei due giorni della battaglia.
La fiction RSI rievocherà anche la vicenda di Huldrych Zwingli, il grande riformatore svizzero che partecipò alla battaglia di Marignano quale cappellano delle truppe glaronesi. Sceso in Lombardia quale patriota convinto, Zwingli rimase sconvolto per l’orrore dello scontro. Rientrato in Svizzera cominciò un processo di riflessione fino ad assumere posizioni molto critiche, venate di pacifismo, che coincisero con l’inizio del percorso che lo avrebbe portato alla Riforma.  

Arona, è morto il principe Giberto Borromeo Arese

Si è spento a Milano per improvviso malore
Gilberto e Bona Borromeo Arese.jpg
Borromeo dx con Gusmeroli sindaco Arona.jpg

A Milano, lunedì 16 febbraio, si è spento per improvviso malore il principe Giberto VIII Borromeo Arese. Aveva 82 anni.
Discendente di una delle famiglie più antiche di Milano, quei conti di Arona che vantavano la concessione del titolo comitale nel 1441, annoverava tra i tanti personaggi della dinastia anche il cardinale Carlo Borromeo, che nel 1562 aveva rinunciato al titolo di principe di Oria per donare i denari del titolo ai poveri. Dal 1917 al primogenito fu riconosciuto il titolo di principe di Angera.

Se la storia ti scivola tra le dita

Abituato da ventiquattr’anni a sondare antiche carte per confermare date di nascita e morte dei più disparati personaggi - in special modo quelli che hanno arricchito da venti generazioni la nobile casata dei Borromeo - sono preso da un senso di smarrimento, ora che la storia la vivo al presente.
A Milano, nella mattinata di lunedì 16 febbraio, scompare all’improvviso, in un’ancor vigorosissima e dinamica età senile, il principe Giberto VIII Borromeo Arese (21 novembre 1932 - 16 febbraio 2015) “Principe d’Angera, Conte di Arona, Conte delle Degagne di San Maurizio, Conte di San Martino, Conte di Maccagno Imperiale, Signore di Omegna, Vigezzo, Vergante, Agrate, Palestro e Cannobio, Signore di Camairago, Guardasone e Laveno, Consignore della Pieve di Seveso, Patrizio Milanese e Grande di Spagna di prima classe”: una lunga serie di titoli e onori feudali per un uomo di gran signorilità, altrettanta semplicità di modi e affabilità; un nobile che sapeva coniugare alla moderna capacità manageriale (frequente nella odierna classe nobiliare milanese formatasi nel Quattrocento e affermatasi poi tra Sei e Ottocento) eleganti passioni: per le proprie isole del Golfo Borromeo, per le proprie barche (indimenticate le regate degli anni Ottanta di “Almagores”), e perfino la più domestica (e tutta italiana...) passione per una delle due squadre di calcio meneghine (che qui si tace, lasciando al lettore di indovinar quale sia).
A queste passioni il principe Giberto univa un’attenzione continua per la storia di famiglia; attenzione vivace, che lo portava a perdonare al proprio archivista intemperanze, noiose divagazioni, e facili entusiasmi per documenti ritrovati nel vasto archivio della casata; quest’attenzione ha permesso, nel corso degli anni, di scoprire comuni punti di vista (quali quelli relativi alla storia delle barche di servizio dei Borromeo a fine Ottocento: la bella lancia a vapore
Isolabella 1896) e di far crescere sempre più la stima nei suoi confronti, e ora il rimpianto per la sua scomparsa.
In un fluire di generazioni che la storia della famiglia Borromeo registra senza sosta da secoli, il pur doloroso avvicendamento che dobbiamo vedere oggi tra il principe Giberto (che sin qui non ha mai mancato di sostenere l’opera appassionata di anni condotta dalla principessa Bona sua consorte) e il successore suo figlio, ora principe Vitaliano XI Borromeo Arese, innesta l’innovazione nella tradizione: il principe Vitaliano raccoglie e amministra oggi con taglio moderno, interventi di ampio respiro e grande portata non solo un importante nucleo museale privato, non solo una preziosa eredità culturale come poche in Italia, ma anche una casata nobile capace di guardare con rinnovata forza al futuro e con consapevolezza del proprio passato.
G.C.

Repubblica dell’Ossola, l’alba della nuova Italia

A Domodossola progetto formativo online per docenti
Ossola, "Fame di Libertà" (foto Ars.Uni.Vco)

Durò solo una quarantina di giorni, ma aprì la strada all’Italia repubblicana e antifascista. In Piemonte la Repubblica dell’Ossola si formò il 10 settembre 1944 e il 23 ottobre 1944 fu travolta dai fascisti, ma la sua breve vita fu il seme della Liberazione.
Nel calendario di eventi organizzati per l’ottantesimo anniversario della Resistenza nel Verbano Cusio Ossola, in particolare della Repubblica dell’Ossola, nella Cappella Mellerio di Domodossola è stato presentato il 23 settembre 2024 un nuovo progetto importante per la storia e la cultura della città e per l’intera provincia del Verbano Cusio Ossola.
È il percorso formativo Fame di Libertà per tutti i docenti, realizzato dall'associazione Ars.Uni.Vco Ets in collaborazione con Istituto Storico della Resistenza Novara e Vco "Piero Fornara", Museo Partigiano "Casa Museo Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo di Dio" e Federazione Italiana Volontari della Libertà.
Le dieci lezioni di introduzione storica all’argomento sono state registrate da Elena Mastretta, direttrice scientifica dell'Istituto Storico “Piero Fornara”, Pier Antonio Ragozza, studioso indipendente, Maria Grazia Vona, curatrice del Museo della Resistenza “Alfredo Di Dio” e componente del comitato scientifico dell’istituto storico Fornara, e Margherita Zucchi, curatrice del Museo della Resistenza “Alfredo Di Dio”.
Tutti i video contengono delle pillole di approfondimento ed è possibile scegliere quelli che trattano gli argomenti di proprio interesse e che, nel caso della formazione dei docenti, si vogliono approfondire nelle classi con gli studenti e le studentesse.
Dopo aver visto i video, basterà scrivere una mail alla sezione didattica dell’Istituto Storico “Piero Fornara” (didattica@isrn.it) e specificare nell’oggetto “Formazione in pillole”. Si riceverà una mail con i questionari relativi a ciascun video insieme ai materiali ulteriori per la classe. Saranno a disposizione le presentazioni in slide, oltre alla sitografia e alla bibliografia relative al tema. Ai docenti che parteciperanno al percorso didattico saranno inoltre segnalati ulteriori video di approfondimento insieme a contenuti di siti web.
In aggiunta, per la formazione dei docenti, un ulteriore video con i dettagli: "Indicazioni e strumenti per il riconoscimento formativo".
Questa la playlist dei dieci contributi video “Fame di libertà”:
1)  “Ossola 1944 – introduzione e contesto geopolitico”;
2)  “La Resistenza nel Verbano Cusio Ossola – settembre ’43-maggio ‘44”;
3)  “La Resistenza nel Verbano Cusio Ossola – giugno ’44-settembre’44”;
4)  “La Resistenza nel Verbano Cusio Ossola – settembre ’44-aprile’45”;
5)  “Gli alleati”;
6)  “Repubbliche Partigiane”;
7)  "Il caso dell’Ossola”;
8)  “La Giunta Provvisoria di Governo”;
9)  “Una nuova idea di scuola”;
10) “La difesa dei confini della Repubblica dell’Ossola - Ottobre 1944”.
Nella foto (Ars;Uni.Vco Ets): partigiani dell’Ossola.

Maccagno con Pino e Veddasca, il soldato Bernardo Sartorio riposa nella sua Graglio

Morì nel 1944 in un campo di concentramento nazista, ma solo ora la famiglia è riuscita a riportare in Italia le sue spoglie

Sabato 28 ottobre 2017 è stata una giornata importante per la comunità di Graglio, nel comune di Maccagno con Pino e Veddasca. Alla presenza dei familiari, delle autorità civili e militari, della popolazione e di molti Alpini si è svolto nella chiesa dei santi Gervaso e Protaso il rito funebre di Bernardo Sartorio, morto nel 1944 in un campo di concentramento nazista.
Sartorio era nato a Graglio il 10 ottobre 1912 e il 30 giugno 1935 si era sposato con Irma Germana Boscetti. Negli anni successivi nacquero due figlie. Durante il secondo conflitto mondiale venne richiamato e arruolato nel 20° Reggimento Sciatori Battaglione Intra. Fatto prigioniero dai tedeschi, venne internato in Germania a Baumholder (Renania-Palatinato) insieme al cognato Cleto Monaco.
Circa l'attività da civile, gli fu consigliato di dichiararsi muratore (come era effettivamente), ma lui disse contadino. Credeva di trovare qualche buccia di patata e di mangiare qualcosa in più. Invece fu mandato a lavorare in miniera e il 19 dicembre 1944 morì di stenti e fatica. La notizia fu data alla moglie a guerra terminata. Il cappellano che riportò i pochi effetti personali di Sartorio rivelò che la sera era passato a trovarlo in infermeria perché febbricitante e la morte sopravvenne nella notte. Bernardo Sartorio, inumato in prima sepoltura nel cimitero di Baumholder, è stato successivamente riesumato e traslato a Francoforte sul Meno nel Cimitero Militare Italiano d'Onore. L’anno scorso la possibilità di riportarlo in Italia. Immediatamente la famiglia si è adoperata per il suo rientro e adesso Sartorio può riposare tra i suoi amati monti. 

Lago di Como, una barca da corriera a salotto

È La Velarca, donata da Aldo e Maria Luisa Norsa al Fai e tornata dopo il restauro al suo approdo di Ossuccio
La Velarca, Ossuccio, Tremezzina (CO)Foto Roberto  Morelli, 2024 (C) FAI (8)

Non una semplice house-boat, ma un piccolo capolavoro della storia dell’architettura firmato dagli stessi architetti della Torre Velasca di Milano. È La Velarca, la casa-barca progettata e costruita tra il 1959 e il 1961 dallo Studio milanese BBPR (Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti e Ernesto Nathan Rogers) e nel 2011 donata al FAI da Aldo e Maria Luisa Norsa.
Ormeggiato sul lago di Como a Ossuccio, di fronte all’Isola Comacina, il particolare natante è stato aperto al pubblico dopo un lungo restauro a cura del FAI, che ha portato a settantadue i Beni culturali gestiti in tutta Italia, tra cui i vicini Villa del Balbianello e Torre del Soccorso, nello stesso comune lariano di Tremezzina.
RESTAURO E INAUGURAZIONE
Per il recupero e la ricostruzione dello scafo e della coperta di prua e di poppa, la barca è stata trainata da Ossuccio al Cantiere Ernesto Riva di Maslianico. Gli interni, invece, sono stati ricostruiti, restaurati e integrati in una seconda fase di lavori. Gli arredi, i dettagli funzionali e perfino gli oggetti sono stati recuperati o aggiunti per restituire alla Velarca il suo aspetto originale di casa, la sua piena funzionalità e l’atmosfera di un tempo
L’inaugurazione si è svolta il 14 settembre 2024 a Tremezzina alla presenza del presidente del Fondo per l’ambiente italiano Marco Magnifico, del sindaco di Tremezzina Mauro Guerra, del presidente dell’Autorità di Bacino del Lario e dei Laghi minori Luigi Lusardi e dell'assessore regionale alle infrastrutture e opere pubbliche Claudia Maria Terzi.
DA CORRIERA TREMEZZINA A VELARCA
Non solo una casa di villeggiatura, la Velarca è un luogo speciale immaginato da Fiammetta ed Emilio, i genitori di Aldo Norsa, per accogliere e far incontrare amici e conoscenti che già frequentavano la loro casa milanese. A bordo saliranno grandi personaggi della cultura italiana, a cominciare dagli stessi architetti milanesi Rogers, Peressutti e Belgiojoso, ma anche Riccardo Sambonet, Gio Ponti, Gillo Dorfles, Eugenio Montale, Lucio Fontana, Umberto Eco, Cesare Musatti e altri.
Per progettarla, gli architetti hanno aggiunto un volume abitativo sullo scafo di un’antica gondola lariana lunga diciannove metri e larga sei, che si muoveva a remi, ma navigava a vela, e solo con il vento in poppa. Era la Corriera Tremezzina, tipica “gondola lariana” costruita nel 1911 nel Cantiere Galli di Lecco per l’armatore Zanotta e adibita al trasporto regolare di merci e persone verso Lecco e Como. Nel 1946 era subentrato un nuovo armatore, Nava. Ceduta poi nel 1956 al sindaco di Domaso, la ex Corriera viene trasformata in una galea medievale e dal campo mercantile usata in quello dello spettacolo.
La Velarca è stata varata nel 1961 nel cantiere Cranchi di Brienno e da lì trainata all’approdo di Ossuccio. Cinquant’anni dopo, nel 2011, i coniugi Norsa la donano al FAI insieme al piccolo giardino a cui è ormeggiata a Ossuccio, nella Zoca de l’Oli, di fronte all’Isola Comacina.
Il restauro a cura del FAI è iniziato nel 2013 e ha comportato interventi di ricostruzione, restauro, recupero e adeguamento funzionale, che hanno richiesto tempo lungo e ingenti risorse. Stretta è stata la collaborazione con enti pubblici e Soprintendenza per i beni e le attività culturali e vitale il contributo di privati, aziende e cittadini.
VISITE
La Velarca, Tremezzina (Como,) dal 15 settembre 2024. Orari: dal giovedì alla domenica dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17:15). biglietti: Intero 7 euro; ridotto 4 euro (bambini 6-18 anni; studenti 19-25; National Trust); famiglia 18 euro; iscritti FAI e residenti in Tremezzina gratis.
Visita congiunta Villa del Balbianello-La Velarca: visite guidate dei due Beni, trasporto in taxi boat a/r tra i due Beni con guida a bordo. Durata tre ore circa. Giorni e orari: martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica, due volte al giorno (alle 10 e alle 14). Biglietti: intero 80 euro; ridotto 70 euro (bambini 6-18 anni; studenti 19-25; National Trust); iscritti FAI e residenti in Tremezzina 53 euro. Maggiori info: https://fondoambiente.it/luoghi/la-velarca.
Nelle foto (FAI e Roberto Morelli): La Velarca

Varese, luce sull’enigma storico di tre eremiti dell’arco alpino

Ricerca dell’Università dell’Insubria con tecnologie laser sulle mummie di età moderna nel Santuario della Corona nel Veronese
Uninsubria, Le mummie di età moderna dell’arco alpino

Cresce anche nel campo della ricerca in Osteoarcheologia e Paleopatologia l’uso di avanzate tecnologie di scansione 3D con laser. A Ferrara del Baldo, nel Veronese, ha fatto luce sull’enigma storico dei tre eremiti del Santuario della Corona, arroccato su una parete a strapiombo sulla valle dell’Adige a quasi 800 metri sul livello del mare.
Un nuovo progetto dell’Università di Varese e Como, autorizzato dalla Diocesi e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Verona e coordinato dall’antropologo fisico Omar Larentis e dalla professoressa Ilaria Gorini in stretto rapporto con un gruppo di professori e ricercatori provenienti da diverse università italiane, ha dato i primi frutti sugli interrogativi suscitati da tre mummie, conosciute come "gli eremiti", e custodite nel cosiddetto "sepolcreto degli eremiti”.
MODELLI TRIDIMENSIONALI
Il luogo è un passaggio obbligato per chiunque voglia scoprire le caverne dove un tempo questi religiosi vivevano in solitudine e meditazione. A Ferrara di Monte Baldo, il 13 settembre 2024, è stata fatta una prima presentazione del lavoro in occasione del convegno "Il Sepolcreto degli eremiti".
Per documentare lo stato di conservazione degli eremiti, i ricercatori del Politecnico di Milano Andrea Gregorini (dipartimento di Meccanica), Emanuele Zappa (Misure meccaniche e termiche) e Susanna Bortolotto (docente di restauro) hanno creato modelli tridimensionali delle mummie, che permetteranno uno studio dettagliato e contribuiranno a valorizzare questi resti anche al di fuori del Santuario.
TAPPE DELLA RICERCA
A questo primo passo è seguita l’analisi degli abiti indossati dagli eremiti. Le fibre dei tessuti sono state esaminate dalla professoressa Laura Rampazzi dell’Università dell’Insubria con un microscopio elettronico, riuscendo a identificare la composizione dei materiali. Lo stile, invece, e la manifattura degli abiti sono stati contemporaneamente studiati da Marta Lorenzetti, esperta in restauro di tessuti, determinandone l’età e il possibile contesto religioso in cui vennero utilizzati.
In un’indagine con metodi "cold case", l’entomologo dell’Università di Genova Stefano Vanin ha esaminato gli insetti trovati sulle mummie. Si trovano sui corpi dopo la morte e possono fornire preziose informazioni sui giorni successivi al decesso degli eremiti e sull’ambiente in cui i loro corpi sono stati conservati.
Parallelamente, il team di antropologi e paleopatologi, guidato da Omar Larentis ed Enrica Tonina, ha raccolto informazioni biologiche per stabilire il sesso, l’età al momento della morte, le condizioni di salute e, se possibile, le cause del decesso. Alla analisi hanno collaborato Giancarlo Mansueto, primario di radiologia all’Università di Verona, e Fujifilm Italia, che ha messo a disposizione un apparecchio radiografico portatile di ultima generazione, consentendo di eseguire radiografie direttamente nel santuario.
Infine, la ricerca si è estesa ad altri resti umani ritrovati nel santuario, anch’essi conservati nel sepolcreto degli eremiti. Leonardo Lamanna, antropologo e attuale Soprintendente archivistico e bibliografico del Veneto e del Trentino Alto Adige, ha integrato i dati biologici raccolti con le fonti storiche analizzate assieme alla professoressa Ilaria Gorini, direttrice del Centro di ricerca nonché docente di Storia della Medicina all’Insubria, arricchendo ulteriormente il quadro di questo mistero storico.
Nella foto (@Omar Larentis): Ispezione macroscopica di una mummia con lente e luce radente e diffusa. 

Milano, Palazzo Marino, don Piero Folli Giusto delle Nazioni

Don Folli

Il 6 marzo, data scelta come Giornata europea dei Giusti, Milano ha ricordato la ricorrenza in Palazzo Marino. Durante la cerimonia è stata consegnata una pergamena che riconosce don Piero Folli Giusto delle Nazioni. Erano presenti il prevosto di Luino don Sergio Zambenetti, l'assessore Pier Marcello Castelli, la consigliera Enrica Nogara,
«Con questo atto si è voluto finalmente dare un riconoscimento ufficiale ed importante all'operato e alla figura di don Piero Folli, che dopo essersi speso per salvare la vita a centinaia di persone, che a lui si erano rivolte, ha subito l'incarcerazione ed un periodo di allontanamento dalla Parrocchia che lo hanno profondamente provato – ha commenta Castelli - Al rientro in Voldomino dal periodo di detenzione, don Folli volle erigere la cappella a ricordo dell'eccidio dei Martiri della Gera presso la Baggiolina, località che costituisce un punto di riferimento importante nel ricordo della vicende della Resistenza del nostro territorio». 

Condividi contenuti