Edizione n.9 di mercoledì 19 marzo 2025
Resistenza
Voldomino e San Martino, visita di antifascisti croati
A Luino, sabato 8 giugno, è giunta in visita al Sacrario dei Partigiani alla Gera di Voldomino una delegazione della Federazione dei Combattenti Antifascisti e degli Antifascisti di Zagabria (Croazia), gemellata dal 1967 con la Sezione Anpi di Varese per impulso di Angelo Chiesa. Era accompagnata da alcuni membri dell'Anpi provinciale guidata dal presidente Angelo Chiesa.
Ad accoglierla c'erano Rosetta Merini Garibaldi, la nipote Maria Rosa Castoldi, suo marito e un gruppo di iscritti della sezione Anpi di Luino, guidata da Remo Passera.
Angelo Chiesa ha raccontato brevemente agli ospiti croati i tristi fatti dell'"Ottobre di sangue varesino" (ottobre 1944) e ha presentato la figura di Rosetta Garibaldi e del suo ruolo durante la Resistenza. Rosetta Garibaldi ha ringraziato gli ospiti della visita e li ha invitati a casa sua per un breve rinfresco.
Il giorno seguente, domenica 9 giugno, la delegazione dell'Associazione Sabah-A C'rnomerec e dell'Associazione "Josip Broz-Tito" di Zagabria. ha partecipato alla commemorazione del San Martino. Al loro fianco la rappresentanza varesina Anpi con Angelo Chiesa, il "bandierone" Anpi dell'ATM di Milano, l'assessore luinese Marcello Castelli e i due gonfaloni di Luino e Varese.
gp per Anpi Luino
«Tu m'hai lasciato questo, un bambinello », la Resistenza nelle parole di una donna
A Gemonio vive ancora Giovanna, la figlia di Giuliana Gadola e dell’architetto Filippo Beltrami, trucidato dai nazifascisti insieme a Gaspare Pajetta e a undici partigiani nella battaglia di Megolo, nel febbraio 1944. La tragica vicenda, raccontata dalla madre nel libro “Il Capitano”, è stata traslata in una fiction cinematografica, recentemente presentata anche a Palazzo Verbania a Luino dal regista Vanni Vallino e dallo storico della Resistenza Mauro Begozzi. Un libro del quale Cesare Pavese ebbe a dire tra l’altro: «… è il primo di ispirazione partigiana, dove non s’acquatti la retorica». Significativa in proposito la testimonianza di Giovanna, rivolta al pubblico di Gemonio, in occasione della prima proiezione del film “Giuliana e il Capitano” nello scorso mese di aprile:
«Vi ringrazio di essere venuti per conoscere i miei genitori e il loro amore. Un amore di rara qualità, aperto al mondo, in cui ciascuno aiutava l'altro a essere se stesso, a realizzare la propria missione, a dare agli altri il meglio di sé. Questo loro reciproco modo di relazionarsi li ha portati pian piano, e non senza esitazioni, a decidere di entrare nella Resistenza e di dare il loro contributo a liberare il Paese dalla nube tetra e minacciosa che lo sovrastava.
Il film trae origine da un libro ("Il capitano") che mia madre ha scritto a Cogne, in Val d'Aosta, dove ci eravamo rifugiati dopo la morte di mio padre. Lì abbiamo passato un anno, dalla primavera del ‘44 alla liberazione, in una baita di montagna un po' fuori dal paese. Due donne, mia madre e una giovane trentina e tre bambini dai 7 anni ai 7 mesi.
Una poesia di mia madre descrive molto bene il suo stato d'animo in quel tempo.
Si intitola «La nostra storia».
Tu m'hai lasciato questo, un bambinello
di carne e pelo biondi come il miele.
Me lo porto in ispalla sui sentieri
in cerca d'uova da una grangia all'altra.
Se gli parlo di te, la nostra storia,
chiusa dall'insonnia in una casa
dove ogni notte mi sgretolo con te,
quella storia diventa una leggenda
e nell'aria pulita t'incorona.
Immaginiamoci la situazione: la giornata è finita, i bambini hanno fatto i compiti, hanno cenato, sono stati messi a letto sotto alti piumini d'oca. Viene riordinata la cucina, caricata la stufa, stabilite le incombenze per l'indomani, si spegne il parlottio dei bambini. Resta solo il borbottio dello stufa. Poi cala la notte, quella notte che mia madre non avrebbe mai voluto attraversare, che nessuno di noi vorrebbe attraversare, ma che prima o poi ci tocca.
Mia madre mi ha detto diverse volte che senza di noi si sarebbe buttata nelle azioni più rischiose della guerra partigiana a costo della sua vita. Dovendo restare con noi senza impazzire bisognava comunque interrompere la sequenza di quelle notti terribili. Ma come? Mia madre decise allora di scrivere la loro storia, per salvaguardarne la memoria. Le notti si trasformano in momenti di intenso lavoro, in cui mia madre deve per forza prendere le distanze dalla vicenda per riordinare i ricordi, per organizzare il materiale. Ed è la salvezza. Il dolore si trasforma in un atto creativo di grande importanza per se stessa, per noi figli, per mio padre che ritorna a vivere in quelle pagine.
La storia si fa leggenda.
Il manoscritto, avvolto in tela cerata, viene sepolto sotto un albero, in attesa di tempi migliori. Dissotterrato dopo la liberazione, inizia l'iter per essere pubblicato dalla casa editrice Gentile di Milano, nel febbraio del ‘46.
La nostra storia confluisce così nella storia collettiva della Resistenza, ma con un taglio particolare: è una donna che scrive, una donna il cui sguardo presta più attenzione alle emozioni, ai sentimenti, alle motivazioni, piuttosto che ai fatti d'arme.
Per finire vi invito a riflettere sulla frase del filosofo greco Sofocle: "Se una cosa è giusta, certo val meglio di una cosa saggia"... sulla quale i miei genitori hanno impostato la loro vita».
Un’opera quella di Giuliana Gadola che nell’edizione del 1964 ebbe l’onere di una postfazione del poeta Eugenio Montale, di Gianni Rodari e di Piero Calamandrei.
Emilio Rossi
Moriva 64 anni fa Don Piero Folli, prete di frontiera nell’ultimo conflitto mondiale
«Ho il dolore di comunicare a V. E. Rev.ma che ieri sera è stato colpito da congestione cerebrale il m. rev. sig. Parroco di Voldomino, D. Piero Folli. E’ rimasto paralizzato alla parte sinistra, parla a stento confusamente, mantiene discreta la conoscenza. Gli furono praticati due salassi, ma con poco esito. E’ difficile che possa riprendersi». Con questa lettera, datata 28 febbraio 1948, il prevosto di Luino, don Enrico Longoni, preannunciava al card. Schuster la fine imminente del sacerdote che, infatti, spirava pochi giorni dopo, l’8 marzo.
Negli anni intercorsi tra la sua liberazione dal carcere dove era stato imprigionato per aver favorito l’esodo degli Ebrei e dei perseguitati politici in Svizzera, don Folli fu sollecitato a fornire utili informazioni su quel tormentato periodo della nostra storia recente. In un documento, stilato di sua mano, custodito presso l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (Fondo Giuseppe Bacciagaluppi), don Piero redasse un elenco dei nominativi di coloro che avevano operato per il C.L.N., premettendo comunque di non essere in grado di stendere una relazione esaustiva a causa della sua assenza da Voldomino dopo il 1943.
La collaborazione di uomini coraggiosi e intrepidi a Voldomino…
Vengono comunque citati i nomi di Zeffirino Mongodi, residente a Mesenzana, e di Alberto Badi fu Francesco, abitante a Voldomino. Uomini coraggiosi ed intrepidi che erano stati al suo fianco «per il passaggio di 200 inglesi» e forse «anche qualcuno in più». Avevano ricevuto, per suo tramite, per conto del C.L.N., £ 100 per ogni inglese accompagnato. Don Folli sottolineava però l’aiuto disinteressato di Mario Baggiolini, allora residente in Isvizzera, che aveva alloggiato e mantenuto i prigionieri sempre gratuitamente, salvo qualche sovvenzione saltuaria per i viveri. Tullio Berzi e il fratello Domenico inoltre lo avevano coadiuvato «nel passaggio di 13 prigionieri a £ 100 e di altri 9 gratuitamente».
Anche dopo il suo arresto e il trasferimento nel carcere di S. Vittore, Zeffirino Mongodi e Alberto Badi avevano continuato la loro attività. Quest’ultimo, per conto suo, ne aveva fatti passare gratis altri 53. Fortunatamente, dopo la razzia nella casa Baggiolini–Garibaldi, non erano stati trovati i biglietti attestanti l’avvenuto espatrio. «Credo di non errare – conclude don Folli – che fra Mongodi e Badi ne abbiano fatti passare in totale più di trecento».
…e a Novara
Facendo riferimento ad una sua registrazione personale, don Piero afferma di aver speso per espatri £ 22.000, delle quali £ 20.000 gli erano state versate dal dottor Calini direttore della Banca di Luino. Si dichiarava in ogni caso consapevole di non essere stato l’unico a spendersi per questa nobile causa: «So che altri hanno prestato la loro opera attraverso gli amici di Novara che portavano a Voldomino i prigionieri, ma non posso dare di ciò sicura relazione. Gli amici di Novara sapranno essi dare notizia». Un’organizzazione capillare dunque che aveva però come fulcro propulsore Voldomino ed il suo coraggioso parroco.
Don Folli, prete di frontiera in ogni senso, non si sottrasse mai all’imperativo evangelico di aiutare coloro che si trovassero nel bisogno e di salvare preziose vite umane, indipendentemente dal loro credo politico o religioso.
Emilio Rossi
Luino, omaggio ai dodici patrioti dell’Italia libera
A Luino l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e l’Amministrazione comunale rinnovano per il settantaduesimo anniversario la cerimonia commemorativa dei dodici giovani patrioti della Formazione Lazzarini trucidati dai fascisti il 7 ottobre 1944.
Ecco il programma: ore 9,45, raduno di autorità e associazioni combattentistiche e d’arma presso il Comune di Luino; ore 10,15, corteo, con accompagnamento della Musica Cittadina, da piazza Crivelli Serbelloni a piazza Risorgimento e deposizione corone al monumento a Garibaldi e al monumento ai Caduti. Segue orazione ufficiale della storica Francesca Boldrini; ore 11,15, posa corona alla cappella votiva ai caduti della Gera di Voldomino e celebrazione messa.
Questa, per conoscenza storica, una breve ricostruzione dell’eccidio della Gera a cura di Giovanni Petrotta, docente nella scuola media e consigliere comunale di Luino.
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TORTURATI, TRUCIDATI E ABBANDONATI SOTTO LA PIOGGIA
All’alba del 7 di ottobre del 1944, alla Gera di Voldomino, presso il fienile del casolare della famiglia Garibaldi Baggiolini, in seguito ad indagini fasciste ed a gravi delazioni, buona parte della formazione partigiana Lazzarini che operava nell’Alto Verbano venne sorpresa nel sonno ed arrestata da un centinaio di militari fascisti provenienti da Varese.
UN MARTIRIO DA LUINO…
Saccheggiato e depredato il casolare della famiglia Garibaldi-Baggiolini. Quattro partigiani: Giacomo Albertoli, studente da Castelveccana; Alfredo Carignani, impiegato alle ferrovie di Lucca; Pietro Stalivieri, operaio da Bosco Montegrino; Carlo Tapella, carrettiere da Samarate, dopo esser stati picchiati a sangue, vennero fucilati in loco. Il resto del gruppo, malamente vestito, scalzo e insanguinato per le botte prese, fu sui camion fascisti trasportato ed esibito, come monito, per le vie del centro di Luino, sotto un’incessante pioggia.
…A BRISSAGO…
Verso mezzogiorno i prigionieri furono trasportati a Brissago. In questo paese, cinque partigiani accusati della morte del podestà Bonfiglio furono fucilati al muro del cimitero. I loro nomi sono: Gianpiero Albertoli alpino da Castelveccana; Flavio Fornara, operaio di Omegna ma stabilito a Luino; Dante Girani da Montegrino; Sergio Lozzio e Luigi Perazzoli provenienti da Milano. Il resto della formazione fu trasportato in carcere a Varese.
…E VARESE
Il pomeriggio dello stesso giorno, dopo interrogatori, torture, confronti per riconoscimenti e inviti a tradimenti, i fascisti decisero di fucilare alle Bettole di Varese altri tre partigiani. Questi i nominativi: Elvio Copelli di Voldomino, Luigi Ghiringhelli di Luino ed Evaristo Trentini di Clivio. I loro corpi, sempre per selvaggio monito, rimasero sul prato per ore sotto la pioggia prima di essere cristianamente sepolti.
VITTORIO PASTORE, DA GIOVANE PARTIGIANO A MISSIONARIO
L’Anpi di Luino coglie l’occasione di questa comunicazione per ricordare la figura di Vittorio Pastore, nome di battaglia “Vittorione”, giovane partigiano della Formazione Lazzarini nel ‘44, diventato poi nel dopoguerra “don Vittorio“, missionario in Africa e fondatore di Africa Mission-Cooperazione e sviluppo.
Il 2 settembre 2016, il Comune di Varese ha dedicato al missionario la piazza antistante alla chiesa nella frazione Rasa, luogo in cui Vittorio Pastori era nato e ove risiedeva. I giornali della provincia, anche quelli on line, nel riportare la notizia e nel delineare il suo “ritratto”, hanno riferito del suo ristorante, nel dopoguerra, al centro di Varese, del suo impegno in Africa negli anni sessanta, della sua ordinazione sacerdotale nel 1984 e niente dell’attività svolta durante la Resistenza. Solo un suo generico impegno nello scautismo durante la seconda guerra mondiale (La Prealpina, sabato 3 settembre 2016).
Va subito rilevato che, durante il fascismo, lo scautismo era fuorilegge e che Vittorio Pastori insieme con altri cattolici antifascisti varesini, guidati da don Natale Motta, faceva parte dell’organizzazione clandestina milanese OSCAR (Opera Scoutistica Cattolica Aiuto Ricercati), che aiutò a raggiungere la libera Svizzera centinaia di ex prigionieri alleati, antifascisti, tra i quali Indro Montanelli, e intere famiglie ebree.
Nel Luinese l’Oscar, sino al febbraio del ’44, usò per questa coraggiosa e rischiosa opera di carità la rete di don Folli e dei suoi amici contrabbandieri. Poi, in seguito all’arresto del parroco di Voldomino, si appoggiò alla Formazione Lazzarini che operava nel territorio.
Da Varese Vittorio Pastori, su indicazione di don Natale Motta, accompagnava alla Gera di Voldomino antifascisti e famiglie ebree in fuga, portava viveri e indumenti ai partigiani e anche copie del periodico cattolico clandestino “Ribelli per amore”, fondato da Teresio Olivelli, partigiano cattolico proposto all’inizio di quest’anno Beato da Papa Francesco.
Al primo di agosto del 1944, in seguito ad una vasta retata dei fascisti, Vittorio Pastori, insieme con una decina di partigiani e ricercati antifascisti, dovette anche lui trovare rifugio in Svizzera, ove, internato nei campi di lavoro, rimase sino alla fine della guerra.
Tutto ciò è documentato in molte pubblicazioni storiche varesine, in particolare nel libro di don Natale Motta, “Ribelli per amore” a cura di D.D.T., Varese, 1994, e da una scheda – testimonianza di Vittorio Pastori nell’archivio del CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, il principale istituto di ricerca per la storia degli ebrei in Italia.
Giovanni Petrotta
Angelo Chiesa, ultimo saluto di Luino al “ragazzo partigiano”
Anche da Luino è arrivato un ultimo saluto ad Angelo Chiesa, il “ragazzo partigiano”, uomo delle istituzioni, memoria della Resistenza e storico presidente di ANPI Varese, venuto a mancare il 19 luglio nella natia Venegono Inferiore, dove riposeranno le sue ceneri. Ai funerali, svoltisi il 20 luglio nella sala commiato del cimitero di Giubiano a Varese, era presente la sezione Anpi di Luino con la propria bandiera segnata a lutto e con una delegazione composta dal presidente Remo Passera, Francesca Boldrini, Domenico Gatta, Giovanni Petrotta ed Emilio Rossi.
Angelo Chiesa era stato arrestato il 5 ottobre 1944 a non ancora 17 anni e liberato due mesi dopo. La sua figura è stata ricordata, il 26 luglio, anche dal Consiglio regionale della Lombardia, dove dal 1975 al 1985 egli fu consigliere del PCI. «Angelo Chiesa – ha dichiarato il presidente dell’assemblea Raffaele Cattaneo - è stato un simbolo della capacità di lottare contro la violenza e di trovare tratti di umanità in chiunque e in qualsiasi situazione. E’ stato una grande figura, per il suo impegno nelle file partigiane prima e poi nelle istituzioni civili, e la sua determinazione contro la violenza, testimoniando che l’impegno è forte se radicato in valori fermi».
Questo un rapido cenno sul suo rapporto con Luino tracciato dal consigliere comunale Giovanni Petrotta:
«Angelo Chiesa veniva sempre a Luino alle nostre manifestazioni Anpi, alla Gera di Voldomino, al San Martino in Valcuvia e ad altre iniziative, dai congressi ai pubblici incontri, alle ricorrenze al Circolo Felice Cavallottiì. Veniva a testimoniare la Resistenza anche nelle scuole luinesi, su invito del preside Emilio Rossi. Ricordo che nella nostra sezione si può consultare il suo libro “Angelo Chiesa, Racconti di vita e di lotta…2003”, in cui vengono raccontati anche fatti inerenti all’eccidio della Gera. La sezione Anpi di Luino dispone anche del video curato dall’Istituto Varesino Luigi Ambrosoli: “Angelo Chiesa, l’impegno di una vita"».
