Edizione n.9 di mercoledì 19 marzo 2025
gente di Luino
Piero Chiara, Trento Salvi, Federico Roncoroni. E Gente di Luino
È il titolo che Federico Roncoroni ha accostato ad uno degli ultimi, brevi manoscritti di Piero Chiara; ultimo, anche, tra quelli che, finora inediti, hanno visto la luce in questo ventennale dalla morte dello scrittore.
Una fitta parabola di revisione critica dell'opera letteraria o semplice ricordo del personaggio che s'è conclusa sabato 25 novembre quando, in parallelo con la tradizionale presentazione del volume de Il Rondò per il 2007 a Palazzo Verbania, Gente di Luino è stato offerto alla conoscenza di cultori, amanti, appassionati "chiariani"; ai Luinesi, cui, in fondo, come chiarisce Roncoroni stesso con l'intitolazione del pezzo in origine anepigrafo, è dedicato.
L'autografo è accolto nella collana di plaquette di Francesco Nastro Editore, un'iniziativa editoriale che da qualche anno va collezionando memorie del passato, valide sintesi del presente, profili biografici in piacevoli volumetti fuori mercato.
Il testo è breve e prende spunto da un articolo di Trento Salvi apparso sul n. 44 di Il Corriere del Verbano del 28 novembre 1984 "All'Europa- requiem", riedito integrale in appendice dedicato alla storia d'un anonimo "casone" lungo la strada di Creva (via Luini) di fronte al palazzo scolastico; un "casone" che, però, si fregiava del titolo d'albergo. Non era certo tra i primi della belle èpoque luinese, ma l'allora gestore, Giovanni Primi (detto Buchìn per via di "una boccuccia rotonda con sottostante moschetta bianca" anche per distinguerlo, come rievoca Salvi, da altre dinastie locali dei Primi) si dilettò a gareggiare con Hôtels di ben altra categoria nella pomposa denominazione: All'Europa.
La sua demolizione nell'84 fu occasione per una doppia cavalcata sul filo della memoria. Salvi radunò accuratamente alcune note preziose sulla storia, prontamente accolte sulle pagine del Corriere: vi erano annessi la trattoria, la bocciofila e un salone tanto ampio per ingenue rappresentazioni teatrali, subito eletto a "Salone Primi" secondo quell'attitudine all'Excelsior in ogni cosa che fu la moda di quella fin de siècle (per chi volesse, internet permette oggi di svelare ulteriori dati dagli archivi del Corriere consultando nel sito della Biblioteca Nazionale Braidense i segg. nn.: 31, 1888, ago. 1; 15, 1889, apr. 10; 10, 1890, marzo 5; 36, 1891, sett. 9); cessata l'attività alberghiera fu la volta, a ruota, della banda musicale, di formazioni ginniche locali, del partito socialista, fino al decennio del '30, quando, sul ring per la boxe ivi installato, si allenò anche Piero Chiara (in verità per un breve periodo).
Proprio Chiara, a quasi due anni di distanza dal requiem all'Europa ("non come continente o come comunità politica", avvertì prontamente), riprese in mano l'articolo di Salvi, serbato, ma non archiviato, tra i ritagli e i ricordi di una Luino che doveva a tutti costi rivivere, quasi ossessivamente, se si legge tra le righe, soprattutto degli ultimi lavori, un personale nodo da sciogliere nei confronti dei luoghi d'una bella, amata gioventù, letterariamente se, come sempre, s'intende Luino come quell'imprescindibile microcosmo per osservare un'umanità talmente esaminata e assimilata da svelare, più agevolmente che in luoghi d¹osservazione "altri" rispetto alla propria estrazione, tutta la mutevole gamma dell'esistenza sotto gli apparentemente insignificanti gesti e le piccole aspirazioni d'una comune quotidianità.
A lui, certo, non poteva sfuggire la suggestione di questo spezzone minore di storia luinese: un albergo modesto, è vero, ch'ebbe tuttavia la "gloria" d¹assurgere a luogo collettivo di ritrovo (paesano, ma non strapaesano), serbatoio e punto d'incrocio dei destini d'una umanità varia, straordinaria perché consueta, com'era quella di Luino tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, anzi, di quella Luino che, lontano dai riflettori (per la verità oramai attenuati) del turismo, dei fasti della stazione e delle ville in collina si stringeva attorno all'asse verso Creva, l'asse produttivo e popolare, delle fabbriche e del lavoro: "personaggi minimi", precisa Roncoroni, "gente semplice che però è pur sempre raccontabile, e comunque sotto la sua penna lo diventa, come protagonista di quella storia minore e minima che è la storia di ogni paese".
Con Gente di Luino Chiara, quindi, ci svela ancora una volta il volto di quel nostro "paese" prima che venisse livellato al grado minimo di frammento d'una periferia indistinta che non parve (a Chiara stesso) e non pare ancora oggi meritare neppure la grazia d'esser sintetizzata in forma narrativa. Un processo di cui lo stesso scrittore avvertiva lucidamente gli inizi (non ad altro sembra alludere quell "ultimo caffè" che chiude Gente di Luino), gli sviluppi e la disaggregante conclusione.
Federico Crimi
